Card. Martini: la mia Pentecoste

Pentecoste: per me come prete e comunicatore, è la necessità dissetarsi in modo autentico alla sorgente:
"Lampada ai mie passi, la tua Parola
luce sul mio cammino".
Rinnovo con fede, come ogni anno in questa occasione, l'incontro con l'uomo che mi ha fatto innamorare della Chiesa, col desiderio di raccontarla e di essere credente e credibile.

Offro questa preghiera al Signore per la mia Chiesa diocesana di Padova, che sta iniziando la grande primavera del Sinodo Diocesano: dopo un anno di ascolto negli spazi di dialogo, è ora di compiere i primi passi, camminando insieme come Chiesa.
#ChiesaonLife

"Un fuoco che non si spegnerà mai"
omelia del Card. Carlo Maria Martini, nella solennità di Pentecoste.
19.05.2002
Oggi celebriamo e riviviamo il mistero della Pentecoste, compimento del mistero della Pasqua. Celebriamo il fuoco d'amore che lo Spirito di Gesù ha fatto divampare nella Chiesa perché ardesse nel mondo intero; un fuoco che non si spegnerà mai.

In ogni assemblea eucaristica continua la Pentecoste: è infatti lo Spirito che trasforma il pane e il vino nel corpo donato e nel sangue versato di Gesù; è l'invocazione dello Spirito che realizza il grido della Chiesa: "mistero della fede" e ci consente di annunciare la morte del Signore e proclamare la sua risurrezione. È lo Spirito che fa della comunità cristiana non una semplice associazione di persone buone e religiose, bensì il Corpo mistico di Cristo, il popolo radunato nell'amore della Trinità. E' lo Spirito che mi ha investito 50 anni fa del ministero presbiterale in virtù del quale celebro ancora oggi l'eucaristia.

Sono dunque contento di ringraziare con voi il Signore, in continuità con la Veglia orante di ieri sera, per il dono del sacerdozio. Ringrazio anche il Santo Padre per la bella lettera che abbiamo ascoltato all'inizio. 

Mi lascio guidare brevemente dalle tre letture proposte dalla liturgia nel desiderio di esprimere la triplice confessione: confessio laudis, confessio vitae e confessio fidei.

  Aprirsi alla forza penetrante della Parola
La prima lettura, dagli Atti degli Apostoli mi aiuta per la confessio laudis. Racconta la discesa dello Spirito santo nel giorno della Pentecoste ebraica.
Il testo degli Atti mi fa pensare alla pagina di Ezechiele riportata nell'ufficiatura del Vespero di ieri, vigilia di Pentecoste, nella quale si descrive come una moltitudine di ossa aride riprende carne e vita per il soffio dello Spirito. Così il Signore ha fatto all'inizio della Chiesa, con le membra disperse della prima comunità cristiana. Così il Signore ha fatto della mia vita, soprattutto attraverso il dono dell'ordinazione presbiterale. La mia povertà, le mie ossa aride sono state vivificate e trasformate dallo Spirito e a Lui va reso onore e gloria per quanto di bene mi è stato dato di compiere.
E' lo Spirito santo, con la sua potenza, che ha agito e agisce in me aiutandomi a capire e mettere in pratica le parole di Gesù, i suoi gesti, i suoi comportamenti. E' lo Spirito che mi ha guidato nella lettura e spiegazione delle Scritture di cui parla il Santo Padre nella sua lettera, dicendo che in tutte le mie attività pastorali "il primo posto lo tengono le Sacre Scritture, come è conveniente che faccia un pastore d'anime". E per questo do a tutte le parrocchie della diocesi il lezionario evangelico che riporta le parole di Gesù, perché tenga il primo posto nelle chiese.
Il testo degli Atti afferma che Spirito come vento impetuoso riempì tutta la casa dove si trovavano tutti insieme gli apostoli con Maria, e si pose come lingue di fuoco su ciascuno di loro e cominciarono a parlare in altre lingue. Il prodigio delle lingue sta a indicare la forza unificante dello Spirito che porta tutti, nella molteplicità dei doni, ad accettare l'unica fede. Rendiamo lode a Lui che ha operato nel nostro cuore e nelle nostre labbra per farci capaci di comunicare il vangelo della salvezza. Egli operi nel cuore e negli orecchi degli ascoltatori, perché si aprano alla forza penetrante della Parola.

  Lo Spirito che perdona
La pagina evangelica di Giovanni mi permette di esprimere la confessio vitae, la richiesta di perdono per i peccati e le negligenze di 50 anni di sacerdozio. Quando Gesù venne tra i suoi nel cenacolo, a Gerusalemme, dopo averli salutati colmandoli di gioia con l'augurio di pace, soffiò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi". È questo il dono straordinario della Pasqua che invochiamo con fede anche nell'odierna Pentecoste: o Padre, per il dono dello Spirito, perdona i nostri peccati, come noi perdoniamo a coloro che ci hanno offeso!
E oggi, vogliamo invocare lo Spirito di pace e di riconciliazione in particolare per la Terra santa, per la città di Gerusalemme dove Gesù risorto offrì la pace e il perdono ai suoi discepoli.

  L'unità sinfonica della Chiesa
Infine, dalla seconda lettura prendo lo spunto per la confessio fidei. San Paolo attesta che il raccordo tra la molteplicità dei carismi e l'unità nella Chiesa è lo Spirito santo che crea appunto l'unità sinfonica della Chiesa.
Ma, possiamo aggiungere, lo Spirito di Dio non è circoscritto, soffia dove vuole, penetra dappertutto con sovrana libertà. Qualunque situazione umana, per quanto deteriorata, disperata, vive l'attrazione dello Spirito che continuamente muove il cuore o col rimorso o con la nostalgia o con la paura o con il coraggio e la speranza. Lo Spirito insomma soffia sulla nostra umanità peccatrice anzitutto come Spirito di amore perdonante per fare di noi persone che amano e perdonano i fratelli.

Siamo dunque invitati a rinnovare la nostra fiducia nel dono dello Spirito che è in noi sin dal momento del Battesimo, che è in me in modo tutto speciale dal momento dell'ordinazione presbiterale ed episcopale, che non finirò mai di accogliere come Colui che rinnova il mio cuore e la mia coscienza.

Egli infonde nella mia esistenza e nella vostra una dimensione sempre nuova di gioia, pace, verità, libertà, comunione. La sua presenza è la condizione senza la quale il disegno di salvezza di Dio non si realizza e l'azione di un presbitero rimane infruttuosa. Lo Spirito precede ogni nostro agire perché è in lui che tutte le azioni divine si compiono in noi, è in Lui che mi è stato dato di perseverare in questi cinquant'anni di presbiterato. È lo Spirito che viene a salvare, sanare, insegnare, esortare, rafforzare, consolare.

E vorrei, concludendo l'omelia, far mia la preghiera di Paolo VI: "Vieni, o Spirito santo, e dà a noi un cuore grande, aperto alla tua silenziosa e potente parola ispiratrice, chiuso a ogni meschina ambizione, un cuore grande per amare tutti, tutti servire, con tutti soffrire; un cuore grande, forte a sostenere ogni tentazione, ogni prova, ogni stanchezza, ogni delusione, ogni offesa; un cuore beato di palpitare col cuore di Cristo e di compiere umilmente, fedelmente, virilmente, la divina volontà" (17 maggio 1970).

O Maria, tu che sei la sposa dello Spirito santo, insegnaci il linguaggio della gratitudine che hai espresso col Magnificat e poni in me e in tutti noi quell'amore che non conosce riserve, non attende contraccambio perché gli basta amare!

foto | fondazione Carlo Maria Martini