fede giovane: il futuro nasce dalla relazione

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Ripensando ai tanti passi percorsi insieme ai giovani, alle tante cose condivise insieme, a quello che ci si è impegnati a coltivare e a far crescere.. .mi ritorna alla mente l'esperienza fatta in toscana nel 2006, ripercorrendo un tratto della Via Francigena in provincia di Siena, tra natura, arte, riflessioni insieme e fede raccontata.
Mi accompagnano alcune righe che rimeditavo in questi giorni.

P. Ermes Ronchi, non si nasconde con una precisa consapevolezza:
«La parabola della zizzania e del buon grano mi ha cambiato la vita. Ho capito che ogni cuore è una zolla di terra capace di dare vita ai semi di Dio; che una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo; che il peso specifico del bene è più alto del peso del male; che la fede non è centrata sul paradigma del peccato, ma sul paradigma della pienezza. Io non sono i miei limiti, ma le mie maturazioni. Io non sono i miei difetti, ma le mie potenzialità. Non sono il mio peccato, ma il buon frutto che posso maturare domani», scandisce.
C’è una seconda domanda determinante da porre all’inizio di ogni cammino umano:
«Chiedetevi che cosa dà gioia. Il Vangelo ci assicura che la vita è, e non può che essere, una ricerca di felicità. Il primo passo di questa ricerca consiste nell’interrogarmi su quali cose mi danno gioia vera e duratura. Ricordatevi che solo ciò che dura vale e solo ciò che vale dura nel tempo. Dio vi seduce perché sa parlare il linguaggio della gioia».

Serena, una giovane:
«Per me portare la testimonianza ai ragazzi, in parrocchia e nella vita di tutti i giorni, vuol dire mostrare che c’è un’altra possibilità rispetto allo sguardo negativo: lo sguardo di Gesù. Un’altra possibilità rispetto al buttarsi via: riconoscersi preziosi agli occhi di altri. Un’altra possibilità rispetto al perdere tempo perché non si sa cosa fare: vivere la vita in modo pieno, anche contro gli ideali di oggi guardando Gesù come un compagno di viaggio. Un’altra possibilità rispetto al “tanto non cambia niente”: riconoscere, noi per primi, che si può essere il buon seme che può cambiare il mondo. Dentro queste possibilità si può costruire la propria vita e vivere la propria vocazione che è, prima di tutto, chiamata a essere Figli».
P. Ermes: «un’ultima parola è sul battesimo. Come un giovane può oggi riscoprirne il valore, ma soprattutto, cosa vuol dire nella vita di ogni giorno questa condizione di figli di Dio che i nostri genitori hanno voluto donarci?». «La mia identità è di essere figlio nella somiglianza sempre più forte e ricercata al Padre, che fonda la nostra persona».


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Il sogno di un uomo di chiesa: poter contare sui giovani, amarli profondamente e dare loro responsabilità.
Ripenso all’affresco di Giotto che raffigura il sogno di Papa Innocenzo III: un giovane sconosciuto, che rivedrà in frate Francesco, sostiene l’edificio della Chiesa che sta crollando.
Penso ai momenti difficili e alla incomunicabilità che spesso c’è tra giovani e la chiesa, ma penso anche alla capacità di sognare (non affidandosi solamente alle proprie personali visioni delle cose) e fidarsi.
Durante la tempesta sul lago Gesù dorme, sulla strada di Emmaus Gesù non è riconosciuto: l’incontro, l’ascolto, il fidarsi, il condividere… questo fa riconoscere Cristo, lo rende vivo

L’affresco di Giotto e il mio sogno di Assisi.
Era il 2002, durante un campo Giovani ho avuto un’intuizione e l’ho condivisa con tutti.
Da Assisi ritorneremo a casa, questi giorni sono stati davvero un sogno per noi: belli e significativi.

Io, nel profondo, credo di aver avuto un suggerimento… vi ho visto prendervi sulle vostre spalle la vostra vita, la vita dei vostri paesi, della chiesa stessa. Avevo sognato uno degli affreschi di Giotto nella Basilica di Assisi. Non riconoscevo i volti e tanti particolari non li capivo. Perché il Papa dorme, perché Francesco non scappa e si salva dal crollo?
Forse il particolare forse più significativo dell'affresco di Assisi che risulta del tutto irrealistico: il punto di appoggio che frate Francesco sceglie per sorreggere la Basilica simbolo di tutta la chiesa.
I suoi piedi, infatti, non poggiano al di fuori della costruzione, come vorrebbero le leggi della fisica, ma restano all'interno della sua stessa struttura, sul porticato di accesso alla chiesa. E' anzi il solo piede destro, interamente coperto dal saio, ad apparire saldamente piantato sul pavimento (tra l'altro inclinato verso l'alto per lo stesso sforzo di Francesco), mentre quello sinistro sembra muoversi leggero quasi in un passo di danza.
Non si tratta di un errore, al contrario il significato del dettaglio è evidente e centrale, nel significato teologico del sogno del papa: Francesco, nella visione di Innocenzo III, avrebbe sostenuto la Chiesa dall'interno, senza assumere posizioni da eretico, ma facendosene carico da figlio umile e obbediente, sostenuto dalla forza della grazia divina ricevuta dalla Chiesa stessa.
Avevo finito di raccontare tutto questo sul pullman che ci portava a casa, nelle nostre parrocchie. Non sapevo ancora dare un volto preciso a quanto avevo sognato.

Qualche settimana dopo, una telefonata.
Don… ti ricordi quello che ci avevi raccontato ad Assisi, il tuo sogno?
Ho deciso di provarci, di crederci: tra poco ci saranno le elezioni a Sindaco nel mio paese. Come giovane ci voglio provare: propormi e dare la mia disponibilità.
Dio sa veramente lasciarti senza fiato. Ma se non ti metti a sognare, sembra solo che sti crollando tutto.





  FOTO
  • interno dell'Abbazia di S. Antimo - Castelnuovo dell'Abate, Montalcino (SI)
  • Il sogno di Papa Innocenzo III: affresco di Giotto, Basilica superiore di S. Francesco, Assisi (PG)