FEDE: la fragilità degli strumenti che diventano il messaggio

Sto vivendo un’estate molto particolare: di grandi relazioni e di iniziative sociali e di solidarietà. Un tempo che “ci da tempo” di sperimentare, di provare anche altre vie. Quasi più per il gusto di incontrarsi ed arricchirsi, che per quello di produrre qualcosa.

In particolare:

  SERATE SOTTO LE STELLE  
  ALLE CAVE  
https://www.chiesaonlife.it/serate-sotto-le-stelle-alle-cave
Festa e incontro promosse in Comunità parrocchiale

  ESTATE ESPERIA  

https://www.chiesaonlife.it/serate-sotto-le-stelle-alle-cave
Sala della Comunità: rassegna di cinema all’aperto per famiglie e comunità


  NOTE (DI) PER LA ROMAGNA  

https://www.chiesaonlife.it/note-di-per-la-romagna
sabato 8 Luglio: serata a favore delle popolazioni colpite dalle ALLUVIONI in EMILIA ROMAGNA. PARCO PALAZZO MALMIGNATI Lendinara | Ro.


  GIROVAGARTE 2023  

https://www.girovagarte.com/programma-2023/
GIROVAGARTE 2023, la cultura nei quartieri di Padova.
GirovagArte arriva nei quartieri a bordo di un truck, portando con sé un ricco programma di eventi culturali che si svolgeranno anche nei parchi cittadini.Pur con tutto l’impegno di progettazione e cura della comunicazione, un impegno davvero bello e stimolante, controcorrente… anche controvento ad essere sinceri.




Da alcuni ambienti “di chiesa” si leva un accenno critico che fa davvero male: ingeneroso e che sa molto di alibi. 

“La Chiesa non ha bisogno di queste cose, non è una Ong…
così ci snaturiamo e le chiese sono vuote. C’è bisogno di più fede”.

È un alibi: queste persone spesso non le vedi in nessun campo se non le loro convinzioni personali, fede e devozione compresa.

Sono sempre più convinto che le differenze o sanno generare dialogo e cultura dell’incontro, o rischiano di cadere nell’autoreferenzialità: è giusto quello che dico io, porto avanti solo le cose che appartengono la mio modo di pensare, mi avvicino e confronto solo con chi mi conferma nei miei convincimenti.

Anche la Chiesa non è immune da questo: sulla scia del “si è sempre fatto così” (facilmente confutabile sul piano storico, contestuale e culturale) finisce spesso in un equivoco molto controproducente: lo strumento che diventa messaggio… predicando sè stessa invece di Cristo.

Se il messaggio è Cristo, perché “strumenti” e valori quali la fede e le opere debbono ostacolarsi e anzi sono viste nell’impossibilità di coesistere e di essere sussidiarie?

Mi chiedo inoltre: nell’ambito della comunicazione, come posso cerare di essere “ponte” in tutto questo?




Un riferimento: il Card. Carlo Maria Martini:

“L’attività caritativa è percepita come servizio sociale o come segno dell’amore e della presenza di Cristo?”.

  • Cosa è una «comunicazione autentica»?

  • Quando ne facciamo esperienza?

  • Quando il comunicare rispetta la dignità della persona?

Il tema della Parola di Dio e della comunicazione della Parola biblica è stata la passione fondamentale della vita e del Magistero pastorale del Cardinale Martini che ha generato in lui un profondo interesse per la parola umana in tutte le dimensioni e modalità del suo pronunciarsi.

Un dialogo che può essere interpretato come testimonianza di una conoscenza e di una amicizia con le persone: servono l’altezza, la profondità e insieme la freschezza e l’attualità dell’insegnamento, per farsi pastore compagno di cammino, padre e maestro.

La sua grande intuizione:
come uomini e donne di fede occorre “farsi prossimo”
(non solo fare, ma farsi, esserci…
non solo operare, ma crederci e credere nell’altro).
E in tutto questo è fondamentale
un cammino di gradualità e di crescita interiore.




Ho voluto in queste settimane approfondire il tema della fede e delle opere: che tutto può essere, tranne che una guerra interna “ di trincea”

dalla lettera
di san Giacomo apostolo
2, 2-5.14-25

Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro.

Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?

Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali?

Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. 

Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza valore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio. Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede. Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.


il commento di P. Angelo, domenicano

1. non si può estrapolare un versetto dal contesto perché si rischia di fraintenderlo.

Va ricordato che al v. 24 San Giacomo ha detto: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?” (Gc 2,24).

2. Poco prima aveva detto: “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla” (Gc 1,22-25). Pertanto chi ascolta la parola deve esserne anche un esecutore.

3. Il punto di vista di Giacomo non è inconciliabile con quello difeso da Paolo in Rm 3,20: “Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui”.

Ci si salva infatti in virtù del sacrificio di Cristo, che “Dio ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue” (Rm 3,25).

San Paolo ribadisce il medesimo convincimento anche in Gal 2,16: “l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo”.

San Paolo respinge il valore delle opere umane per meritare la salvezza senza la fede in Cristo.

Una tale fiducia nello sforzo dell’uomo per rendersi giusto dimentica che egli è radicalmente peccatore.

Credendo di salvarsi solo con le opere, egli rende vana la fede in Cristo.

4. Anche San Paolo afferma che dopo aver ricevuto la salvezza per pura grazia, la fede deve essere accompagnata dalla carità: “E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla” (1 Cor 13,2).

E ancora: “Poiché in Cristo Gesù ciò che conta… è la fede che opera per mezzo della carità. (Gal 5,6).

La legge che Cristo ci ha portato è la legge dell’amore (Rm 13,8) e l’amore si mostra attraverso le opere (Rm 2,6).

5. In conclusione: va detto chiaramente che ci si salva essenzialmente in virtù del sacrificio di Cristo.

Le opere dal sole non bastano.

Ma non basta da sola neanche la fede, perché congiungersi mediante la fede al sacrificio di Cristo, significa morire al proprio egoismo e operare col cuore di Cristo.

Diversamente la fede è morta.

6. Va ricordato anche che le opere messe in atto dalla fede non si riducono soltanto a visitare i carcerati, ma all’osservanza dei comandamenti di Dio, che sono dieci.

Gesù dice: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama” (Gv 14,21).

E San Giovanni: “Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui” (1 Gv 2,4).

fonte
https://www.amicidomenicani.it/vorrei-la-spiegazione-del-versetto-di-san-giacomo-la-fede-senza-le-opere-e-morta/




Papa Francesco; «Una fede senza opere non è fede, ma solo parole»

“I cristiani che pensano la fede come un sistema di idee, ideologico, anche al tempo di Gesù c’erano. L’apostolo Giovanni dice di loro che sono l’anticristo, gli ideologi della fede, di qualsiasi segno siano». «Sono cristiani che conoscono la dottrina ma senza fede, come i demoni».

“Una fede che non dà frutto nelle opere non è fede”. È l’affermazione con la quale papa Francesco ha aperto l’omelia della Messa presieduta questa mattina in Casa Santa Marta. Il Papa ha offerto la Messa per i 90 anni oggi compiuti dal cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, ringraziandolo “per il suo lavoro, la sua testimonianza e la sua bontà”.Il mondo è pieno di cristiani che recitano molto le parole del Credo e molto poco le mettono in pratica. O di eruditi che incasellano la teologia in una serie di possibilità, senza che tale sapienza abbia poi riflessi concreti nella vita.

È un rischio che duemila anni fa San Giacomo aveva già paventato e che Papa Francesco riprende nell’omelia, commentando il passo in cui l’Apostolo ne parla nella sua Lettera. “La sua affermazione – osserva – è chiara: la fede senza il frutto nella vita, una fede che non dà frutto nelle opere, non è fede”:“Anche noi sbagliamo tante volte su questo: ‘Ma io ho tanta fede’, sentiamo dire. ‘Io credo tutto, tutto…’.

E forse questa persona che dice quello ha una vita tiepida, debole. La sua fede è come una teoria, ma non è viva nella sua vita. L’Apostolo Giacomo, quando parla di fede, parla proprio della dottrina, di quello che è il contenuto della fede. Ma voi potete conoscere tutti i comandamenti, tutte le profezie, tutte le verità di fede, ma se questo non va alla pratica, non va alle opere, non serve.

Possiamo recitare il Credo teoricamente, anche senza fede, e ci sono tante persone che lo fanno così. Anche i demoni! I demoni conoscono benissimo quello che si dice nel Credo e sanno che è Verità”.

Le parole di Papa Francesco riecheggiano l’asserzione di San Giacomo: “Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano”. La differenza, soggiunge il Papa, è che i demoni “non hanno fede”, perché “avere fede non è avere una conoscenza”, bensì “ricevere il messaggio di Dio” portato da Cristo.

Nel Vangelo – prosegue Papa Francesco – si trovano due segni rivelatori di chi “sa quello che si deve credere ma non ha fede”
Il primo segno è la “casistica”, rappresentato da coloro che domandavano a Gesù se fosse lecito pagare le tasse o quale dei sette fratelli del marito avrebbe dovuto sposare la donna rimasta vedova.
Il secondo segno è “l’ideologia”: “I cristiani che pensano la fede ma come un sistema di idee, ideologico: anche al tempo di Gesù, c’erano.

L’ Apostolo Giovanni dice di loro che sono l’anticristo, gli ideologi della fede, di qualsiasi segno siano. A quel tempo c’erano gli gnostici, ma ci saranno tanti… E così, questi che cadono nella casistica o questi che cadono nell’ideologia sono cristiani che conoscono la dottrina ma senza fede, come i demoni. Con la differenza che quelli tremano, questi no: vivono tranquilli”.
Al contrario, ricorda Papa Francesco, nel Vangelo ci sono anche esempi di “persone che non conoscono la dottrina ma hanno tanta fede”.
Papa Francesco cita l’episodio della Cananea, che con la sua fede strappa la guarigione per sua figlia vittima di una possessione, e la Samaritana che apre il suo cuore perché – dice il Papa “ha incontrato non verità astratte”, ma “Gesù Cristo”. E ancora, il cieco guarito da Gesù e che per questo viene interrogato da farisei e dottori della legge finché si inginocchia con semplicità e adora chi lo ha sanato.

Tre persone, è la considerazione finale del Papa, che dimostrano come fede e testimonianza siano indissolubili
“La fede è un incontro con Gesù Cristo, con Dio, e di lì nasce e ti porta alla testimonianza. E’ questo che l’Apostolo vuole dire: una fede senza opere, 

una fede che non ti coinvolga,
che non ti porti alla testimonianza,
non è fedeSono parole e niente più che parole”.

fonte
https://www.avvenire.it/papa/pagine/fede-non-senza-opere