La Chiesa ti ascolta: il Sinodo incontra il mondo digitale

Le parole: desiderio, nostalgia, curiosità, ferita, inquietudine, esplorazione, cultura digitale, evangelizzazione, amicizia.

La restituzione: abbiamo rilevato un desiderio di Dio e di comunione che fatica a trovare le parole, i luoghi, le situazioni per dirsi, per darsi, per chiedere, per offrire. 13.000 questionari e più di 30.000 considerazioni che sono un corpus complesso ma con alcune constanti. 

Il 18% pur ammettendo di non aver incontrato Dio risponde al questionario, il 34% che non va a Messa ma cerca comunque in rete nutrimento per la propria crescita spirituale. 

Questo ci interroga ed in qualche modo ci stupisce positivamente. Soprattutto il fatto che la maggioranza affermi che le questioni di Dio arrivano al cuore per via di amicizia. 

  • Perché centinaia di giovani, di persone di mezza età, lontane nei tanti modi in cui si può essere lontani, in pieno agosto, in pochi giorni rispondono a domande di quella Chiesa e su quella Chiesa che nella ferialità non considerano neppure più? 
  • Per amicizia con chi propone, per stima di chi chiede di farlo, per riconoscenza nei confronti di Papa Francesco. 
  • E, forse, non tematizzato, ma presente, per nostalgia. Di Dio, di una comunità a cui appartenere, di un senso che nella metamorfosi sociale e digitale sparisce?

Molte risposte ci hanno inquietato ed interrogato profondamente perché nell’interesse e nella passione abbiamo anche avvertito molta critica e sofferenza. Le singole esperienze ci lasciano intravvedere un sentire generalizzato tendenzialmente negativo. Si ha la sensazione che spesso le esperienze personali siano pesantemente influenzate da un senso comune aspramente critico nei confronti della Chiesa con cui dobbiamo confrontarci.

Il digitale incoraggia ad esprimersi ed ha avvicinato i lontani che si sono sentiti protetti, non costretti, più liberi di dire ed i vicini, di ardire. La rete ci ha permesso di arrivare nelle pieghe di tante vite del popolo di Dio, ma per riflesso anche nelle vite di tanti preti, suore, comunità. 

  • Che si sono palesati smarriti. Ci siamo chiesti chi è il malato. La Chiesa, la gente? Tutti. 
  • Tutti sono feriti e come tali hanno paura e si rifugiano. 
  • C’è del vero in ogni dichiarazione, lamentela, proposta, ma anche eccessiva semplificazione.
  • Usare il digitale significa anche essere condizionati dal digitale. 

Tanto per chi ci ha risposto, quanto per noi nel fare le domande. Si risponde con un click, ma non si risolve con un click. Eppure il digitale, come cultura, come luogo di incontro, come mezzo di dialogo, come via per formare ed informare si è rivelato prezioso, è dimostrato tale, è invocato come tale. 

Non vi è dubbio che sia parte del tutto, solo una parte. Ma non vi sarebbe tutto senza quella parte, almeno nel tempo presente e nell’immediato avvenire. E soprattutto nell’evangelizzazione e per l’evangellizazione.

Pur avendo letto tante soluzioni non troviamo la soluzione, ma abbiamo intuito che una strada c’è. Non sappiamo con chiarezza quale sia, sentiamo le voci al di là di questo spazio ed a quelle persone dobbiamo arrivare, a quelle voci dobbiamo rispondere. 

Così come ci sono giunte, in digitale. È uno spazio immateriale ed è importante, se non decisivo, che la richiesta più insistente che ci è stata fatta sia stata parimenti immateriale. Spiritualità e ascolto. 

Dobbiamo ascoltare lo Spirito che ci aiuti a trovare un modo vero di essere Chiesa che prega e cerca Dio anche nel digitale. E nella realtà permeata dalla cultura digitale. Senza darlo come alternativa al reale, ma come suo complemento. 

Guaritori feriti, presenza immateriale che si fa carne e sangue. 

Che si incarna in una cultura che è tecnica, quindi parziale, positivista, funzionalista. Ma è quella di questo tempo. Segno dei tempi, ci pare di poter dire. Essere nel digitale, ma non essere del digitale. 

Uno dei commenti, tra i più duri, ma con parresia dice 

“La chiesa dovrebbe provare a guardare se stessa dal punto di vista delle categorie che oggi la ignorano o detestano di più, a quel punto capirebbe quali sono i suoi gravi errori di interpretazione e comunicazione”. 

Questa indagine ci ha fatto scoprire che nella schiettezza anche di affermazioni più decise, c’è un desiderio di dialogo e di amicizia. Quel motivo, lo sappiamo, è Cristo. 

  • Che cosa sta dicendoci nello Spirito? 
  • Quale parola non abbiamo ancora accolto? 
  • Quale pane non è stato ancora spezzato così da poterlo riconoscere? 
  • Quale ospitalità non abbiamo ancora esplorato?

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