l'abito non fa il monaco? ma forse l'ambito, sì
Tante volte, nelle esperienze quotidiane, nel cammino della fede... sembra che l'unica cosa che ci accompagna sia quanto indossiamo, ed è vero fondamentalmente: l'abito (da "habitus")... da qui il concetto di "abitudini". <
Scelte, automatismi, monotonia, ripetizioni?
Penso a riferimenti come "dress code" o "l'abito non fa il monaco", ma anche e soprattutto al Vangelo...
«Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro».
Una sensazione non semplice, un rapporto non facile: cose tue, ma che "non sono proprio te".
Nella nostra fragilità, tendiamo ad apparire, a mimetizzarsi, a sovrastrutturare: una seconda pelle per sentirsi sicuri, proteggersi, marcare il territorio, dare segnale e comunicare, influenzare.
Leggendo, mettendomi in relazione, aprendosi ad altre esperienze, c'è però un approccio diverso, un pensiero laterale, che sa veramente sorprendermi.
Mi ha molto colpito un'altra sottolineatura: l'ambito, il contesto... una riflessione mediata dall'ambiente lavorativo, dalle strategie della comunicazione.
Il potere del contesto, che influenza in modo inconscio e potente. Le persone si comportano con te in base al contesto che percepiscono attorno a te; un contesto che va costruito minuziosamente perché possa comunicare, pur senza dire nulla. La soluzione non è imporre regole ma creare contesti virtuosi».
cit. Francesco Sordi
Che dire... occorre sapersi spogliare, per "vestirsi al bene".
#ChiesaonLife
#compagnidistrada
#passidifede
6Maria Luisa Vettorato, Antonia Pasquato e altri 4
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Scelte, automatismi, monotonia, ripetizioni?
Penso a riferimenti come "dress code" o "l'abito non fa il monaco", ma anche e soprattutto al Vangelo...
«Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro».
(Matteo 6, 25-29)
Una sensazione non semplice, un rapporto non facile: cose tue, ma che "non sono proprio te".
Nella nostra fragilità, tendiamo ad apparire, a mimetizzarsi, a sovrastrutturare: una seconda pelle per sentirsi sicuri, proteggersi, marcare il territorio, dare segnale e comunicare, influenzare.
Leggendo, mettendomi in relazione, aprendosi ad altre esperienze, c'è però un approccio diverso, un pensiero laterale, che sa veramente sorprendermi.
Mi ha molto colpito un'altra sottolineatura: l'ambito, il contesto... una riflessione mediata dall'ambiente lavorativo, dalle strategie della comunicazione.
Il potere del contesto, che influenza in modo inconscio e potente. Le persone si comportano con te in base al contesto che percepiscono attorno a te; un contesto che va costruito minuziosamente perché possa comunicare, pur senza dire nulla. La soluzione non è imporre regole ma creare contesti virtuosi».
cit. Francesco Sordi
Che dire... occorre sapersi spogliare, per "vestirsi al bene".
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6Maria Luisa Vettorato, Antonia Pasquato e altri 4
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